Il vino si affina in cantina? Sì, ma anche sott’acqua!
Il vino subisce spesso, alla fine della sua produzione, un invecchiamento in botte o in barrique, che può essere seguito da un affinamento in bottiglia. Ma se quest’ultimo passaggio non si compiesse in cantina? Ebbene sì, alcuni produttori preferiscono affinare il vino… sott’acqua, nei fondali marini!
Quest’idea è nata da una scoperta casuale: nel XIX secolo, una nave che trasportava 168 bottiglie di vino, tra le quali vi erano alcuni Champagne francesi (Veuve-Cliquot e Juglar) naufragò nel mar Baltico, di fronte alle isole Åland e fu riportata alla luce solo nel 2010, insieme al suo carico. In seguito al recupero, le bottiglie di champagne furono esaminate, testate in laboratorio e di seguito assaggiate: apparirono, da un punto di vista sensoriale, perfettamente conservate ed addirittura affinate in modo eccezionale, con sentori e descrittori di gusto molto interessanti.
Questo è avvenuto per diversi motivi favorevoli: la temperatura costante, l’assenza di luce, il movimento delle correnti e delle onde che permettono al vino un’evoluzione non compromessa da fattori esterni. Pertanto, dall’anno di questa scoperta, alcuni iniziarono a sperimentare questo sistema di maturazione, riponendo le bottiglie di vino in acqua marina, a circa 70 metri di profondità.
Questa metodologia di invecchiamento è usata soprattutto per i vini che presentano bollicine o perlage, in quanto il livello di pressione è adatto al mantenimento e all’equilibrio della frizzantezza. Un esempio italiano è lo spumante Abissi (Vermentino ligure, Bianchetta genovese e Cimixia) della cantina Bisson di Chiavari, dal gusto piacevole e conforme. Ci sono anche vini che vengono direttamente invecchiati in botti predisposte al mantenimento subacqueo: ciò permette ai vini una maturazione più omogenea e distinta. Moltissimi produttori hanno iniziato a fare uso di questo criterio per creare vini eccelsi: tra questi, è molto rinomato in Italia il vino Lagunare di Venezia, sommerso nella laguna veneta di Caorle. Si tratta di un vino rosso molto interessante (50% Merlot, 50% Cabernet-Sauvignon), ma si può adoperare il metodo anche su vini bianchi e passiti.
Insomma, questa nuova maniera di affinare il vino sta iniziando ad affascinare diverse cantine ed aziende vinicole, che iniziano ad usufruirne, con l’intento di implementare a livello sensoriale la qualità finale del prodotto. Che il futuro invecchiamento dei vini avverrà sempre più spesso sott’acqua? Chi vivrà, vedrà.