Cantine del Notaio apre il suo mondo a Visàvin
Amore, terra, passione e un grande vulcano. Bere Cantine del Notaio è una esperienza davvero unica. È la forza di una terra nel ventre d’Italia che Gerardo Giuratrabocchetti riesce a tramutare in vino da 20 anni. In questa intervista abbiamo capito cosa è la dedizione di un uomo e delle sue mani verso una terra davvero unica.
Come nasce la cantina?
L’azienda nasce nel 1998 ed, in particolare, il 5 ottobre giorno del mio quarantesimo compleanno (quest’anno abbiamo festeggiato i venti anni di cantina e il mio sessantesimo genetliaco!). Dopo una vita passata ad occuparmi di assistenza tecnica e miglioramento genetico degli animali, ho deciso di riprendere quel testimone che mio nonno Gerardo mi aveva lasciato: la sua vigna, la sua vita! Vigna che era stata destinata a me in quanto unico nipote a chiamarsi Gerardo come lui! Pur tuttavia, pur avendo una laurea in Scienze Agrarie, non mi ero molto “applicato” a quel vigneto. Un giorno passeggiando in vigna, mi sono sentito un “traditore” ed ho pensato che avrei fatto ancora in tempo a riprendere questo “sogno” e di poterlo realizzare per lasciarlo ai nostri figli. Così, con l’indispensabile aiuto di mia moglie Marcella, è nata Cantine del Notaio, dedicandola a mio padre, appunto Notaio, che ha rappresentato un’importantissima figura di riferimento, con il suo potente bagaglio culturale, ma soprattutto ricco di valori umani e contadini. Mio nonno era infatti un umile viticoltore come lo erano stati tutti i suoi ascendenti ed io rappresento la settima generazione di quei viticoltori. Siamo tutti originari di Maschito, uno dei tre paesi di origine albanese presente nell’area del Vulcano, il Vulture e in cui la coltura della vite è da secoli la primaria attività. Pensai così che si dovesse partire da uno studio scientifico del Vitigno Aglianico del Vulture e, all’inizio, con la collaborazione del Prof.Luigi Moio, nacque un progetto di valorizzazione enologica di questo importante vitigno. Nacque anche un progetto di valorizzazione delle grotte in tufo vulcanico presenti in Rionero in Vulture. Nel sottosuolo della città sono state scavate, infatti, tra il 1500 ed il 1600, oltre 1200 cantine sotterranee. Di queste, Cantine del Notaio possiede quelle appartenute ai Padri Minori Francescani che costituiscono un percorso sotterraneo straordinario da visitare e di cui non si può non rimanere affascinati
Qual è l’età media dei vitigni? La pianta più anziana quanti anni ha? Produce ancora?
Abbiamo circa 40 ettari di vigneti e l’età va dai 2 agli oltre 100 anni. Mediamente hanno oltre 25 anni. Pur tuttavia, da un punto di vista agronomico, non credo affatto che l’età abbia una sua importanza ai fini della qualità delle uve. E’ ampiamente dimostrato e dimostrabile come la qualità non sia legata all’età della vigna o della vite in particolare, ma al suo equilibrio vegeto-produttivo e al suo stato sanitario. Una vigna giovane, come una vecchia, oggetto di attenzioni, di apporti nutritivi equilibrati, una sapiente potatura sia dell’apparato vegetativo aereo che di quello sotterraneo (radici) produrranno tutte una eccellente uva. Così come la capacità di accumulare riserve non è legata necessariamente alla dimensione del fusto (che tra l’altro, in molti casi e tipi di potatura viene anche rinnovato e “ringiovanito”). Né la capacità di intercettare l’acqua è legata all’età della vite perché l’approfondimento dell’apparato radicale è conseguenza diretta spessissimo quasi esclusivamente delle pratiche colturali tra le file e sulla fila e dalla geologia del terreno. Abbiamo vigneti di oltre cento anni in piena e perfetta produzione alla stregua di altri più giovani e le relative uve vengono lavorate, se pur separatamente, allo stesso modo e tutte indistintamente contribuiscono alla produzione dei nostri vini.
Quale ritiene essere la sfida più importante che il suo vino deve affrontare oggi?
Far conoscere e rendere famosi un vitigno, l’Aglianico del Vulture, e una Regione, la Basilicata o Lucania che dir si voglia, troppo poco conosciuti tra il grande pubblico. Viviamo in una delle zone più belle e soprattutto più incontaminate dell’Italia, ma molti non lo sanno. Viviamo in una terra che ha fatto conoscere il vino nella storia (l’Enotria) e molti lo ignorano. Spesso si ignora anche che la stessa Italia è così chiamata per il capo degli Enotri che era Italo. Lo stesso Aglianico qui si chiama Aglianico del Vulture per la coltivazione alle pendici del Vulcano (il Vulture) che crea condizioni uniche e irripetibili di maturazione. Innanzitutto, 133.000 anni fa quando si ebbe l’ultima eruzione che potremmo definire “esplosione” (un po’ come avvenne per il Vesuvio che sommerse di ceneri Pompei), si ebbe una produzione copiosa di ceneri che creò un substrato agrario estremamente importante. Le ceneri, infatti, cadute a terra, compattandosi hanno dato luogo ad una roccia importante che è il “tufo vulcanico”. Questo funziona da spugna essendo capace di assorbire l’acqua delle piogge invernali per cederlo alle piante quando d’estate si ha un lungo periodo siccitoso. I contadini, come solo loro sanno dire in maniera sintetica, ma anche poetica, dicono infatti che nelle grandi vigne c’è il tufo che “allatta” la pianta! Cioè la Madre Terra non abbandona i suoi figli (le viti) e le nutre, cioè le “allatta” d’estate quando non piove. Questo fenomeno, unito alle grandi escursioni termiche tra giorno e notte d’estate (anche di 15-20 °C), le temperature elevate in estate associate a perdurante siccità, producono una maturazione molto particolare ed unica delle uve tanto che l’Aglianico, pur allevato in Campania (Taurasi e beneventano) o Puglia (Murgia), qui diventa Aglianico del Vulture!
Cantine del Notaio dà lustro al grande vitigno lucano. Come si posiziona sul mercato internazionale?
La gran parte (70%) della nostra produzione (oltre 430.000 bottiglie) è distribuita in Italia, il resto all’estero. Dobbiamo comprendere che far conoscere ed apprezzare un Vitigno poco noto di una regione poco conosciuta (soprattutto rispetto a Toscana, Piemonte, Veneto e Sicilia) è cosa non semplice! Pur tuttavia, un po’ alla volta insieme agli altri produttori del Vulture, si sta facendo un grande lavoro di comunicazione che, pur se ancora lontani dalla meta, ci rende più ottimisti e ci fa guardare al futuro con maggiore fiducia.
Come è vissuto il binomio tradizione e scienza in produzione?
Tutta la nostra produzione si ispira alla tradizione se pur interpretata in chiave moderna. Pensiamo al Rogito il nostro roSSato. Nel 1500 Sante Lancerio per conto di Papa Paolo III Farnese, comunica a Sua Santità che esiste una versione “più scarica di colore” dell’Aglianico e che consiglia per la sua facile beva. Da qui nasce Il Rogito, da uve Aglianico del Vulture, affinato un anno in legno, ma più chiaro rispetto ai rossi, ma altrettanto più scuro rispetto ad un rosato (che tra l’altro non è affinato in legno): per l’appunto è un roSSato! Pensiamo alla Stipula, Aglianico del Vulture, spumante metodo classico, ottenuto come una volta per rifermentazione in bottiglia anche se nel passato non si eseguiva la “sboccatura” e i vini rimanevano torbidi. Pensiamo anche al Sigillo, ottenuto da uve Aglianico del Vulture fatte disidratare sulla pianta a seguito di vendemmia tardiva (spesso a fine novembre-inizio dicembre) quando da noi spesso fa molto freddo o c’è la neve e che potrebbe essere avvicinato ad una sorta di “Amarone” della zona e che era tecnica antichissima. La stessa visita alle cantine in grotte di tufo ci riporta ad un passato di centinaia di anni, ma la struttura di vinificazione, dotata delle migliori tecnologie, ci proietta nel futuro!
La nomina a cantina dell’anno è solo uno dei tanti premi ricevuti. Come vive questa responsabilità?
E’ cosa che ovviamente e sinceramente ci riempie di soddisfazione per il lavoro svolto da noi e da tutti i nostri collaboratori che ringraziamo sempre per passione e dedizione. E’ un episodio di successo che ci rende felici, ma ci ricorda che l’etimologia della parola “successo” altro non è che il participio passato del verbo succedere, quindi è accaduto ed appartiene al passato! Pensiamo così a lavorare con passione ed impegno per affrontare nuove sfide e nuove avventure!
Progetti futuri
Sul piano dell’accoglienza stiamo lavorando per offrire percorsi sempre più piacevoli, professionali ed emozionali ai nostri visitatori. Sul fronte del vino, è un segreto! Aspettate e berrete!!
Il vino (Cantine del Notaio) che più la rappresenta
Quest’anno il 5 ottobre 2018, abbiamo festeggiato i miei 60 anni e 20 anni di Cantina. Lo abbiamo fatto lanciando un vino, Il Lascito, che è un po’ la sintesi della nostra storia e della nostra vita: in una bottiglia sono raccolte, insieme, le vendemmie ed i vini di tutti i venti anni di attività! Una sorta di verticale in una sola bottiglia!
Cosa è il vino per lei
E’ l’elemento di unione tra popoli e generazioni, tra storia, arte e cultura, tra tradizione e innovazione, tra razionalità di un progetto e fantasia di un’idea progettuale, tra uomini e donne, tra giovani e anziani. Tutti si ritrovano in un momento di felicità con un calice in mano, tutti si ritrovano a raccontare e a raccontarsi passioni, sogni e desideri con un calice e un buon vino!
Auguri a tutti!!